Una questione particolarmente spinosa, legata al feedback negativo, riguarda la responsabilità o meno del gestore del sito
o del blog su cui vengono pubblicati questi commenti.
Una prima precisazione risulta doverosa: ad essere in discussione non è la responsabilità del gestore del sito o del blogger per le opinioni espresse all’interno di articoli o post scritti di suo pugno ma l’eventuale responsabilità per le opinioni espresse da altri, cioè gli utenti che frequentano questo sito, attraverso strumenti (come ad esempio i commenti) offerti dalla piattaforma web.
Sebbene la giurisprudenza non abbia ancora espresso un orientamento univoco, reputo assolutamente infondati gli orientamenti di chi tende a considerare il titolare del sito o del blog come responsabile in solido in caso di diffamazione ad opera di commenti postati dagli utenti. Chi sostiene questa tesi, infatti, tende ad assimilare il blogger alla figura del direttore responsabile di un giornale il quale risponde (per responsabilità oggettiva) di tutto quanto appare sulle pagine della pubblicazione (con le particolarità riconosciute ad un direttore responsabile di una testata giornalistica online). Una simile equiparazione, tuttavia, sembra assolutamente inammissibile in quanto un blog non è una testata giornalistica ed ha delle caratteristiche molto diverse da quest’ultima. Porre in capo al titolare del sito/blog l’onere di effettuare tutte le valutazioni tecnico-specialistiche al fine di definire la natura diffamatoria o meno di un commento, infatti, appare un compito eccessivamente gravoso che avrebbe quale conseguenza la chiusura di molti siti e blog e la inevitabile compressione della libertà della rete.
Se un feedback negativo scivola nella diffamazione è giusto che l’azienda o il professionista che ne viene ingiustamente colpito si adoperi, nelle opportune sedi, per chiedere giustizia, ma sarebbe bene che le sue richieste si rivolgano contro l’effettivo autore del commento (identificabile in base ai suoi dati di connessione) e non contro il titolare della piattaforma web. Dal punto di vista di quest’ultimo, tuttavia, è bene attendersi un comportamento prudente che porti, quando è possibile, alla censura di commenti palesemente diffamatori o privi di ogni fondamento.
Capita spesso, quando si gestisce una piattaforma web che permette agli utenti di inserire i propri feedback, di scontrarsi con le aziende e coi professionisti oggetto delle recensioni meno positive. Non è infrequente, infatti, che i titolari dei prodotti e dei servizi oggetto di feedback negativi contattino i gestori della piattaforma chiedendo la rimozione di tali commenti. In simili circostanze il gestore della piattaforma web si trova di fronte a due possibilità:
1) assecondare la richiesta;
2) rifiutarsi di cancellare il contenuto sostenendone la legittimità.
Dal punto di vista legale non esiste sulla materia, in Italia, un orientamento preciso e, molto spesso, al fine di non incorrere in guai giudiziari, si tende ad assecondare la richiesta ricevuta.
Colossi come eBay e TripAdvisor, invece, sono soliti mostrarsi indifferenti dinanzi a richieste del genere ma, ovviamente, parliamo di multinazionali che non hanno alcun problema ad affrontare cause legali ed a pagare eventuali risarcimenti. Nel caso del piccolo sito e del piccolo blog, invece, una situazione del genere potrebbe rivelarsi pericolosa, o quanto meno fonte di preoccupazione per il gestore dello stesso, e quindi la scelta di assecondare le richieste dell’azienda oggetto di un feedback negativo si rivela quasi sempre la strada più facile da percorrere.
Se in Italia vige questo stato di incertezza, in sede Europea qualche tendenza è emersa: la Corte di Strasburgo, infatti, ha recentemente condannato un gestore di un sito web reo di non aver rimosso dei commenti palesemente diffamatori e lesivi dell’altrui reputazione. Secondo i giudici della Corte, infatti, <<i gestori sono gli unici che potevano impedire tali commenti o cancellarli, cosa che non poteva essere fatta né dagli utenti, né dalla parte offesa>>. Un orientamento del genere, tuttavia, deve essere valutato ed interpretato con la dovuta prudenza essendo ammissibile solo in un caso (come quello di specie) dove l’offesa era palese mentre, viceversa, non sarebbe ammissibile in situazioni meno chiare in cui il commento si confonde tra l’essere l’espressione di un legittimo diritto di critica o la messa in atto (più o meno consapevole) di una strategia diffamatoria.