E’ lecito il controllo sulle mail del lavoratore. Corte Europea e non solo

controllo sulle mail

Il datore di lavoro può operare il controllo sulle mail dei propri dipendenti e decidere di licenziarli se le utilizzano a scopi personali. E’ questo quanto sancito dalla Corte Europea dei Diritti Umani, che affronta un tema molto dibattuto nel nostro Paese sulla legittimità o meno dei controlli a distanza e sulla capacità di questi di determinare una violazione della Privacy.
Non si tratta, però, una statuizione rivoluzionaria, dato che i giudici nazionali si erano già espressi in tal senso in altre occasioni.
Ne citiamo alcune.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2722/2012, ha respinto il ricorso di un dirigente di banca contro il licenziamento per giusta causa dovuto anche alla divulgazione di e-mail contenenti informazioni riservate. I giudici – nel ribadire quanto previsto dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che vieta il controllo a distanza dei lavoratori, ammettendolo in presenza di accordi sindacali – hanno statuito che <<per tutelare il proprio patrimonio e difendere l’immagine dell’azienda, il datore di lavoro può sottoporre a controllo anche la casella di posta elettronica del dipendente sospettato di comportamenti lesivi del patrimonio aziendale>>. Nel caso di specie, infatti, la verifica della corrispondenza elettronica del dipendente è avvenuta solo dopo il manifestarsi dei suoi comportamenti illeciti e che si è resa necessaria per tutelare il bene dell’azienda.
Segnaliamo, inoltre, un’interessante sentenza del Tribunale di Torino, Sezione Distaccata di Chivasso, la n.143/2006, che ha stabilito come <<l’email aziendale appartiene al datore di lavoro e pertanto in relazione al reato di cui all’art. 616 c.p. il fatto non sussiste qualora, anche in presenza di adeguata policy aziendale, il datore di lavoro acceda alla casella personalizzata del dipendente>>.
Il G.I.P. presso il Tribunale di Milano nel 2002 ha statuito che <<La mailbox aziendale – pur se “personale” (perché assegnata al singolo dipendente che ha un proprio “username” e una propria “password” per accedervi) – deve essere intesa come semplice “strumento di lavoro”, e nulla più>>. Insomma, quando la casella di posta elettronica è messa a disposizione del dipendente da parte del datore di lavoro, perde la sua qualità di strumento di comunicazione segreto o quanto meno riservato e allo stesso modo perdono tale carattere anche i contenuti dei messaggi inviati o ricevuti.

Per i giudici di Strasburgo – chiamati a pronunciarsi sulla vicenda di un cittadino rumeno che chiedeva l’annullamento del licenziamento intimatogli in quanto beccato ad utilizzare la posta aziendale per mandare mail a fidanzata e fratello – una società privata non commette alcuna violazione del diritto alla privacy dei lavoratori se controlla le comunicazioni effettuate sugli account aziendali.
Se l’utilizzo della casella è a fini privati anche il licenziamento deliberato dal datore di lavoro è legittimo. Si legge, infatti, in sentenza che <<Non è irragionevole che un datore di lavoro voglia verificare che i dipendenti portino a termine i propri incarichi durante l’orario di lavoro>>. Tanto più che le comunicazioni private, scoperte durante il controllo dell’account aziendale, non sono state usate dalla società a sostegno del licenziamento, la quale anzi, in “buona fede” aveva operato le verifiche convinta di trovare soltanto contenuti professionali.