Il Tribunale Monocratico di Lecce, con la propria ordinanza del 21 Marzo 2023, ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 76 della Costituzione, in ordine all’articolo 635 c.p., nella parte in cui non prevede che il delitto in questione sia punibile a querela della persona offesa, nel caso di cui al comma 2 n. 1) nel medesimo articolo. E cioè quando il fatto (danneggiamento) sia commesso su cose esposte alla pubblica fede.
A seguito della c.d “Riforma Cartabia”, il reato di danneggiamento è divenuto procedibile a querela della persona offesa, sempre che:
- La persona offesa non sia incapace per età o per infermità;
- Non sia commesso in occasione del delitto di cui all’art. 331 c.p.;
- Non ricorrano le ipotesi di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 635 c.p.
Pertanto il delitto in esame è rimasto procedibile d’ufficio nel caso in cui abbia ad oggetto:
- Edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto o immobili compresi nel perimetro dei centri storici, ovvero immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati o altre delle cose indicate nel numero 7) dell’art. 625 c.p.;
- Opere destinate all’irrigazione;
- Piantate di viti, di alberi, di arbusti fruttiferi, o boschi, selve o foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento;
- Attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive.
Le cose indicate nel numero 7) dell’art. 625 c.p., com’è noto, sono costituite da <<cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza>>.
Pertanto, se la ratio legis (della procedibilità d’ufficio) appare condivisibile per quanto riguarda i beni aventi rilevanza pubblicistica, più difficile appare cogliere la ragionevolezza del richiamo alle cose esposte alla pubblica fede.
Il Tribunale salentino, in considerazione dello scopo cui mira la Riforma Cartabia (incentivare le condotte volte alla estinzione dei reati prima della celebrazione del processo, a beneficio dell’imputato, della vittima e del sistema giudiziario), ritiene che la mancata previsione della procedibilità a querela nel caso di cui all’art. 635 c. 2 in relazione dell’art. 627 c. 1 n. 7, limitatamente all’ipotesi di cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, risulti violare l’art. 3 della Costituzione, creando una disparità di trattamento rispetto a chi, ad esempio, responsabile di un reato di furto aggravato del medesimo bene esposto alla pubblica fede potrebbe agevolarsi del più mite regime di procedibilità. Ed infatti, ai sensi dell’art. 2 lett. i) del D. Lgs. n. 150/22 sono state ampliate le ipotesi di procedibilità a querela del furto, prevedendosi che “Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede, tuttavia, d’ufficio se la persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7-bis)”.
In pratica, si configurerebbe l’anomala situazione per cui chi sottrae, a scopo di lucro, un’auto parcheggiata sulla pubblica via (reato che prevede una pena edittale ben più alta rispetto al danneggiamento) potrebbe beneficiare di un regime di procedibilità ben più favorevole rispetto a colui che quell’auto si limiti soltanto a danneggiarla.
Tale scelta legislativa appare irragionevole anche con riferimento alla ratio sottesa alla Riforma, indirizzata a quei reati che si prestano a condotte risarcitorie e riparatorie, tra cui può rientrare certamente l’ipotesi del danneggiamento di un bene esposto alla pubblica fede. Il tutto con un aggravio per la macchina della giustizia che, con la Riforma, dovrebbe invece maggiormente tendere ad una definizione anticipata dei processi, anche attraverso la riparazione dell’offesa.
Proprio su questa disparità di trattamento irragionevole verrebbe anche a configurarsi il contrasto con l’art. 76 della Costituzione poiché si creerebbe una violazione del dovere di rispetto del tracciato segnato dalla legge delega.
Il Tribunale di Lecce ha, così, trasmesso gli atti del procedimento alla Corte Costituzionale per la risoluzione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 635 ultimo comma c.p. per violazione degli artt. 3 e 76 Cost., nella parte in cui non prevede che il delitto sia punibile a querela della persona offesa anche nel caso di cui al comma 2 n. 1), ossia quando il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede.