Secondo la Suprema Corte di Cassazione, lasciare il proprio cane in macchina per troppo tempo può far scattare la condanna di cui all’articolo 727 c. 2 del codice penale. Secondo questa norma, infatti, <<Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze>>.
Con la Sentenza n. 14250 del 9 aprile 2015 il Supremo Collegio ha così confermato una sentenza di condanna inflitta a due imputati che per diverse ore avevano lasciato un Beagle in auto quando all’esterno c’era una temperatura di circa 30 gradi.
Un cittadino aveva contattato gli agenti della municipale per avvertirli del fatto che su una Fiat 600 c’era un cane solo che abbaiava da tempo e che mostrava segni di sofferenza dal caldo.
Diverse persone avevano cercato di aiutare l’animale facendogli arrivare l’acqua attraverso una piccola fessura rimasta aperta nei finestrini anteriori.
Dopo circa 45 minuti erano arrivati gli imputati che, come se nulla fosse, erano saliti a bordo e non volevano neppure rilasciare le proprie generalità alle forze dell’ordine.
Dinanzi alla Suprema Corte gli imputati avevano tentato di difendersi contestando il requisito della “sofferenza grave” di cui parla la norma incriminatrice.
Al loro dire la sofferenza dell’animale non poteva essere desunta dal solo fatto che il cane abbaiava perché il suo abbaiare poteva essere determinato dalla paura dovuta alla presenza di persone intorno all’auto. Sotto questo profilo sarebbe stata necessaria una verifica da parte di un veterinario.
Una tesi che non ha convinto i giudici della Cassazione i quali ricordano che è in linea con la consolidata giurisprudenza della stessa Corte il fatto di ritenere che in fattispecie analoghe alla presente ricorre alla violazione dell’articolo 727 del codice penale. Né si può ipotizzare, nel giudizio di legittimità, una rivisitazione dei fatti sotto una diversa prospettiva.
Aggiunge in ogni caso la Corte che, anche sul piano logico, non appare sostenibile la deduzione che l’abbaiare del cane fosse dovuto alla presenza di persone piuttosto che alla sua sofferenza. Il giudice di merito, si legge nella Sentenza, <<coerentemente con il senso comune, argomenta che i passanti si fossero assiepati attorno all’auto proprio perché attratti dall’abbaiare del cane che cercava di segnalare proprio malessere. E questa condizione di sofferenza era agevolmente intuibile senza bisogno di visite specialistiche o perizie>>.
Da ultimo, rimarca la Corte, non può certo bastare uno spazio d’aria di 5 cm per far circolare aria sufficiente essendo nozione comune che, in mancanza di un’ampia areazione nell’auto, la temperatura interna può crescere in maniera esponenziale rispetto a quella esterna