Qual’è il confine tra il diritto di critica e la diffamazione?
In questi anni sono proliferati in rete siti web che raccolgono le opinioni degli utenti sui più disparati servizi e prodotti, sui quali gli utenti stessi sono invitati ad esprimere le proprie opinioni e ad effettuare recensioni sui prodotti e servizi al fine di condividere, con il popolo della rete, entusiasmi e delusioni derivanti da esperienze di shopping e non solo.
Dal punto di vista tecnico si parla di “feedback” degli utenti, ma la questione si fa delicata in quanto eventuali pareri negativi possono essere causa di danni (anche ingenti) ai professionisti, e non solo, che, spesso e volentieri, manifestano il proprio disappunto etichettando come “diffamatori” i commenti a loro contrari. C’è da chiedersi quando un “feedback negativo” possa essere considerato esercizio di un sacrosanto diritto di critica e quando, invece, come attività diffamatoria e, pertanto, illegittima e sanzionabile sia penalmente che civilmente.
Postare un “feedback negativo” su Internet non può che essere visto come una delle possibili estrinsecazioni della libertà di pensiero garantita dall’art. 21 della Costituzione, secondo il quale <<tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione>>. Alla luce del disposto costituzionale, quindi, considerare a priori un “feedback negativo” come diffamatorio è senz’altro sbagliato ma lo è anche asserire nettamente, e senza una attenta valutazione, il contrario. Se da un lato la costituzione tutela la liberà di critica, dall’altro l’ordinamento giuridico non può dimenticare di offrire la giusta protezione anche ad altri diritti, come quello di non vedere leso il proprio onore e la propria reputazione. Più precisamente, possiamo dire che il diritto di critica, per essere considerato legittimo, deve essere esercitato con pertinenza e continenza al fine di non uscire dalla sfera del lecito. Quando il “feedback negativo” supera i confini della legittimità e sfocia nell’insulto, nella menzogna o nella totale tendenziosità, è lecito ipotizzare la violazione dell’art. 595 del codice penale che definisce, appunto, il reato di diffamazione.
L’interesse tutelato dal reato di diffamazione è, come sappiamo, la reputazione intesa come
quell’opinione che l’individuo gode in seno alla società per carattere, ingegno, abilità professionale ed attributi personali. In questo senso la reputazione non s’identifica con la considerazione che ciascuno ha di sè (Cfr. Cass. pen. n. 3247/95 e n. 7157/06), ma con il senso della dignità, in conformità all’opinione del gruppo sociale ed è proprio questo che non può essere leso con il “feedback negativo” contrario al buon senso.
Un “feedback negativo” si definisce pertinente quando sussiste un interesse pubblico alla sua diffusione e, dunque, può essere ritenuto giustificato il dibattito aperto in un sito web dedicato al prodotto della discussione e dove vi sono potenziali acquirenti o semplici appassionati del settore. Viceversa, però, non sussiste un interesse pubblico quando la critica è fine a se stessa ed è formulata con il solo obiettivo di danneggiare la reputazione del venditore. Oltre ad essere pertinente, un “feedback negativo” deve anche essere continente, questo vuol dire che la narrazione dei fatti deve avvenire in modo corretto, senza cioè raccontare falsità e mantenendo sempre un approccio obiettivo (orientato ai fatti e non alle opinioni) ed educato. Raccontare un esperienza fasulla, perchè mai avvenuta o avvenuta diversamente, potrebbe, pertanto, essere piuttosto rischioso, così come potrebbe comportare seri problemi una narrazione che, seppur veritiera, sia infarcita di insulti o di opinioni personali (e come tali opinabili). Per esempio dire che un’esperienza di shopping on-line si è conclusa male, in quanto non si è ricevuta la merce ordinata e pagata, è certamente continente, mentre lo sarebbe molto meno sentenziare dicendo che il venditore è un ladro perchè, ad esempio, il nostro potrebbe essere un caso isolato e frutto di un semplice equivoco.
Alla luce di quanto detto possiamo affermare che la pubblicazione di un “feedback negativo” è sicuramente legittima quando:
- sussiste un interesse pubblico nella conoscenza dei fatti;
- i fatti narrati sono, innanzitutto, veri e vengono descritti in modo preciso ed obiettivo;
- il linguaggio e la terminologia utilizzata sono educati e non tendenziosi;
- non vengono diffuse opinioni personali e giudizi ma si rimane nel confine della mera narrazione di quanto accaduto, lasciando poi al lettore il compito di trarne le dovute conclusioni.
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